Franco Anselmi
Franco Anselmi è un artista che ha due doti: la preziosità della stesura del colore e la vena ludica che suscita giocosità e divertimento. La stesura del colore non è qui un gesto qualsiasi, ma il risultato di una istintualità preveggente, di una capacità di progettazione che lascia tuttavia libera la mano all’estro del momento. Troppo spesso l’arte contemporanea giustifica la sua ragione di esistere lanciando messaggi impegnati. Franco Anselmi, al contrario, ci comunica la giocosa serietà dell’infanzia con la sua capacità di evocare immagini dalle fiabe e di dare concretezza ai sogni.
Anselmi è un pittore che si distingue sulla scena contemporanea per il coraggio che dimostra nel respingere la tentazione di fare filosofia o sociologia, come troppi suoi colleghi. I suoi quadri ci conducono nel mondo degli animali, spassosi gatti guerrieri, o mici monocoli un po’ sbronzi davanti ad una bottiglia in cui annegano chissà quale dolore, civette e gufi ilari e inoffensivi. Il divertente zoo di Franco Anselmi è anche un palcoscenico di animali grossi ma non grossolani, pensiamo agli elefanti a cui fanno da contrappunto i cavalli che sembrano un po’ matti. Il suo universo è popolato anche di giocolieri baffuti, in stile anni trenta, di signore incappellate e persino di Madonne con bambino che si intrecciano in un immaginario pseudo-cubista. Anselmi è un poeta del quotidiano che guarda il mondo che lo circonda riscrivendolo poeticamente, come se fosse la visione di chi per la prima volta riepiloga dentro di se l’alfabeto della vita.
Che siano animali o giocolieri in un paesaggio impossibile egli riesce a trascinarci per mano e con garbo in un mondo bidimensionale e coloratissimo. La caratteristica comune nelle raffigurazioni umane e animali di questo artista è il fatto di avere quasi sempre un occhio solo; la semicecità è risparmiata solo ai gufi forse perché nottambuli e quindi più prossimi al mondo onirico.
Per gli altri, donne, uomini, cavalli, gatti, tartarughe e iguana, quell’occhio solo è un ammiccamento gentile e forse lo specchio della nostra stessa incapacità di distinguere il vero dal falso. Il mondo di Anselmi è un mondo arcano e arcaico che ha il potere di incantarci, nei suoi piccoli borghi medioevali, silenziosi e metafisici, la fiaba si intreccia alla storia. In altri casi sono addirittura rievocati gli stilemi dell’antico Egitto e della simbologia azteca. Queste figure in particolare evocano i reperti archeologici e da tutto questo Franco Anselmi riesce, senza traumi, ad assemblare e creare una scenografia di insieme vivace ed esplosiva. Le sue opere si sviluppano su una voluta mancanza di profondità. Avendo evidentemente approfondito l’arte medioevale non prospettica, nella sua ricerca si rintraccia – al di là della evidente ironia che irrompe dalle sue composizioni, come una sorta di avvertimento a non prenderlo troppo sul serio- una precisa rivisitazione delle stesure grottesche e una cultura molto ben radicata nella tradizione italiana pre-rinascimentale dell’affresco. In particolare il ricordo dell’arte bizantina sembra aver impresso alle immagini di Anselmi una sorta di blocco, che congela la gestualità delle figure rappresentate. Artista indubbiamente colto, direi che egli ha anche compiuto incursioni nell’arte del lontano Oriente, da cui derivano certi suoi modi grafici e calligrafici. Nel suo horror vacui, che lo porta a non lasciare neanche il minimo spazio libero sulla superficie affrescata delle sue opere, nello spessore del colore squillante troviamo la personalità intrigante di un artista di forte manualità e di notevole intelligenza.
Vittorio Sgarbi
Da: “Le scelte di Sgarbi” edizioni Mondadori
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