Rosy mantovani – una recensione di Emanuela fortuna
Un colore che si scioglie in emozione, uno sguardo che esprime un universo interiore, due occhi dalla bellezza infinita che manifestano una coraggiosa risposta allo sconforto, una città che diventa proiezione della condizione esistenziale contemporanea, luoghi abbandonati che sono metafora della desolazione e dell’afflizione… un’artista che empaticamente ascolta e racconta un rumoroso silenzio sociale e che al contempo sa estrarre la bellezza dal cemento e dall’asfalto.
Rosy Mantovani dipinge, con grande sensibilità, la condizione umana odierna fatta di molta solitudine e di difficoltà di comunicazione. È una situazione paradossale perché proprio quando il mondo civile si è globalizzato, accorciando ogni distanza fisica e culturale, e si è unito in un’unica rete, attraverso i mass media ed i social networks, qualcosa è stato smarrito o, peggio, è andato perduto: l’essenza dell’umanità e la possibilità di condividere in concreto la propria esistenza. Si vive circondati dal caos del mondo ma si finisce per essere rinchiusi, come in una gabbia, nella prigionia di un IO che non trova modo di vivere come NOI. Il mito del progresso e la nuova religione del lusso e del divertimento lasciano dunque il campo al senso di una desolata e malinconica solitudine, alla depressione di fronte all’impossibilità di una vera comunicazione e condivisione e dunque al disinganno.
In questo cammino verso la consapevolezza inizia la riscossa delle loro esistenze. Ne nasce una bellezza interiore e dunque una grazia esteriore, i suoi protagonisti diventano Fiori di strada. In quelle periferie desolate o rumorose, sudice o abbandonate si accende la bellezza degli sguardi di chi non demorde, di chi combatte… e forse vincerà. Non c’è compiacimento per la bellezza di questi volti e di questi corpi. C’è empatia. E infine ecco che si riscopre la bellezza della vita. È la possanza della resilienza.
È un viaggio che ognuno di noi compie in se stesso. È il pensiero che domina questo mondo che, nello sforzo di raggiungere una consapevolezza e di ritrovare le forze per resistere, sembra perdere il colore. Una cromia selezionata e parca non ci distrae. Solo la figura è a fuoco, perché si è messa a fuoco. Il contesto si scioglie nell’emozione, si sfalda come uno sfondo perso nelle lacrime. Sono lacrime di colore che scivolano sulla tela come lacrime nascoste che urlano al mondo. Noi le dobbiamo ascoltare come l’artista.
L’attenzione dell’artista si sposta infine puntandosi su quegli occhi, sullo sguardo, finestre dell’anima. Scompare lo sfondo, scompare la città, scompare il mondo, fino a che rimangono solo il volto e i pensieri. Sono i Ritratti. La materia sporca della città, della realtà urbana ferrosa è sempre presente, è la cortina da cui emergono con forza. L’impostazione dell’opera si semplifica ma si potenza la forza espressiva.
Emanuela Fortuna
a cura di Emanuela Fortuna da RESILIENZE – i fiori dell’anima
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