Giovanni Faccioli nov23

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Giovanni Faccioli

Solitamente, le stanze possiedono rintocchi. Anche quando qualcuno non abita più li. Parla il legno dei mobili che conserva ancora la consapevolezza dell’albero. Dialogano le pareti a sillabe incrociate. Picchietta la goccia del rubinetto, come la carica dell’orologio che si svena nel tempo. Ma se entriamo nelle stanze di Giovanni Faccioli, alla percezione della “vista”, arriva subito il silenzio, da subito…. La pressione della mano sulla maniglia non fa scatto, il giro del cardine non geme.

Nella pittura di Faccioli, nature morte assolutamente statiche, immote, di stretta tradizione. Sono appoggiate su tovaglie candide o rosso ardente che giocano per linee diagonali con tagli prospettici azzardati e acuti, e brillano nei bacili “effetto peltro” con frutta turgida ad ogni stagione. Dentro quest’aria priva di refoli, rarefatta, protetta, si materializzano, a volte, esili ed ieratiche figure di donna. Giocano a carte, si specchiano l’una dentro l’altra.

Nella ricerca privata di Faccioli, si intersecano le fascinazioni per primitivi e per Giotto, per la rocciosa forza di Masaccio, per la imprendibilità di Morandi. Ma, alla fine, tutto si sedimenta e stempera su una sacralità intima, personale, quasi pretesto per ricavare, anche in senso metaforico, la luce dal buio.

Cosi la pittura dà la restituzione di una immobilità fervente e inquieta, il senso dell’attesa, la calma profetizzante dell’evento. Del Realismo Magico restano infatti oltre ai valori plastici, l’intenso classicismo, le forme piene, il senso della malancolia e di un nuovo saturnismo. Forse è compito dell’artista evocare antichi miti, leggende, dèi della precaria logica precisione della società odierna. Cosi persone e cose ritratte non si pongono mai come semplice esercizio di conoscenza oggettiva e critica, ma piuttosto in un rapporto di decodificazione dei segni, nella purezza primordiale del primo sguardo, nella meditazione di ciò che oggi ci sfugge.

Negli ambienti, nei gesti quotidiani, dopo una prima impressione domestica, larica, si anima un mondo di contemporanea mitologia. Il colore, la morbidezza dei drappi, l’argento dorato dell’incarnato sullo sfondo rosso-lacca da Casa dei Misteri, l’apparato scientemente sintetico, l’esclusione di una scontata spontaneità sottraggono ai dipinti ogni pericolo di ovvietà. Nuovi dèi presiedono l’attuale insicurezza dell’effimero, le molteplici soluzione della caducità. Nel cangiare delle percezioni ottiche che fanno apparire in superficie o sprofondare nel pozzo prospettico ogni immagine, la incontrovertibilità della realtà e della magia, sempre rinnovata della realtà stessa.

Vera Meneguzzo